Dante nelle università

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Numero 36

Illustratore del numero monografico Boris Pramatarov

1. Come viene insegnato Dante oggi?

2. C’è differenza nel modo in cui gli studenti di oggi percepiscono la Divina Commedia? Possiamo parlare di letture generazionali?

3. Come giudicate l’esclusione di Dante dai programmi scolastici?

4. Avete un’esperienza personale legata a Dante?

Miglena Nikolčina, professoressa di Letteratura antica e letteratura dell’Europa occidentale all’Università di Sofia:

 1. O come VA insegnato Dante oggi? Cercando su Google “Dante Inferno”, da diversi anni appare come secondo o addirittura primo risultato il videogioco Dante’s Inferno. Mi ricordo quanto fossi sorpresa dalla popolarità dell’argomento, finché non ho scoperto che era dovuto al videogioco. La presentazione ufficiale inizia con il famoso “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, dopodiché – e qui c’è molto su cui riflettere – non è l’eroe ad essere guidato da Beatrice verso la propria salvezza, ma lui a dover trarre in salvo lei…[1]

Non commenterò cos’è rimasto di Dante nel videogioco – a occhio, se non sotto altri aspetti, il rimando è palese; si nota anche nella misura in cui il gioco ha evidentemente attirato un pubblico abbastanza numeroso verso il poeta. Ecco allora una questione importante: per un’epoca ossessionata dal visivo, ma che articola costantemente i suoi grandi temi in brevi frasi, il nostro compito è portare alla luce, mettere in scena la colossale potenza visiva con cui Dante ha espresso a parole un mondo immaginario dalle potenti dimensioni estetiche, etiche, politiche, filosofiche ed esistenziali. E dobbiamo condurre a parole gli studenti attraverso questo mondo come fosse un percorso ad ostacoli – attraverso pericoli, rischi, mostruosità e bellezza, orrore ma anche la graduale accensione di un’enorme speranza. Verso l’amore che muove le stelle. Dobbiamo cioè restituire tutti i significati della parola – traduzione, guida, trasbordo e transizione, trasformazione… Dante ha coniato il termine transumanazione, è importante ricordarlo proprio oggi per poter pensare anche in altro modo ciò che le tecnologie fanno con noi, di noi.

2. Come possono non esserci letture generazionali? Effettivamente Dante è tra quegli autori che, consapevolmente o meno, sono stati riletti più e più volte dalle epoche successive nella letteratura europea. E lo stesso poeta – non dimentichiamolo – rilegge e sperimenta sul proprio corpo (viaggiando da vivo attraverso il regno dei morti) grazie a tutto il potere evocativo della poesia – quel periodo (dal Venerdì santo alla domenica) che Gesù trascorre all’inferno prima della Resurrezione. Se una famosa affermazione di Whitehead definisce la storia della filosofia europea come una serie di note a piè di pagina relative a Platone, io definirei la storia della letteratura europea come una serie di note a piè di pagina relative a Dante.

3. Non so cosa dire di ciò che sta succedendo ai programmi scolastici.

  1. 4. Prima ancora che imparassi a leggere, sapevo dai libri che vedevo in mano a mia madre che lei insegnava Dante a scuola, insieme ad altri testi da tempo abbandonati come il Canto insanguinato (“Kărvava pesen”) di Penčo Slavejkov. Mi vedo seduta per terra con l’edizione 1957 dell’Inferno sul pavimento, davanti a me. Perciò il mio percorso verso Dante parte dalle illustrazioni di Doré di quel volume, ma anche dal mistero di quei segni disposti in maniera rigorosa, che non capivo e che volevo assolutamente capire, assemblare alle illustrazioni. Penso che quel libro all’epoca grande quasi quanto me e il suo ricordo segnino la prima esplosione, dall’altra parte del sogno, la quale ha aperto davanti ai miei occhi mondi ben oltre la realtà circostante. Mondi fatti di segni, di irraggiungibile, di incredibile, su cui perciò grava una realtà più profonda. La scienza oggi sostiene che tutto quello che possiamo percepire o rilevare con i nostri strumenti e teorie corrisponde a circa il 5% dell’universo. Dante è una di quelle menti che l’ha capito molto tempo fa.

Kleo Protochristova, professoressa di Letteratura antica e letteratura dell’Europa occidentale all’Università di Plovdiv:

1. La domanda è troppo ampia e la risposta implica una salda conoscenza delle pratiche in vigore nelle diverse università, che difficilmente ogni singolo docente ha. La mia personale esperienza di incarichi a lungo o breve termine in cinque università bulgare, così come le impressioni sporadiche sui curricula degli altri atenei, mi danno motivo di affermare che l’insegnamento di Dante avviene piuttosto per inerzia, come „punto obbligatorio della dispensa“. Al tempo stesso gli atteggiamenti post-canonici che in definitiva si sono imposti negli studi letterari accademici oggigiorno sembrano ricacciare Dante nell’area dei cosiddetti corsi introduttivi. Di solito l’approccio alla sua opera si limita alla Divina Commedia, e molto spesso unicamente all’Inferno. La mia concezione personale di ciò che potrebbe contrastare la famosa affermazione di Voltaire secondo cui la fama di Dante è eterna perché nessuno lo legge mai è di offrire agli studenti scorci interpretativi differenti per “tradurre” il corpo indubbiamente difficile e ostinatamente opaco del poema nel linguaggio del pensiero moderno, in modo da rendere i suoi significati intelligibili. Tali soluzioni alternative offrono una lettura della Divina Commedia come resoconto di un viaggio fantastico oppure progetto (anti)utopico, o ancora nella prospettiva semantica di una trama paradigmatica alla „delitto e castigo“. Quest’ultima interpretazione permette di elaborare osservazioni interessanti sui criteri storici mutevoli di peccato e punizione (ad esempio come la visione di Dante si relazioni con l’ethos del consumismo moderno, ma anche con il celeberrimo “L’inferno sono gli altri” di Sartre), o più in generale sulla storicità delle assiologizzazioni. Trovo particolarmente produttivo sottolineare le contraddizioni di giudizio dello stesso Dante, che offrono un’ottica attendibile per chiarire una definizione molto vaga del pre-Rinascimento formulata dal discorso storico-letterario.

2. In casi relativamente rari, dove c’è una predisposizione all’assiduità necessaria per una lettura approfondita e analitica, noto un aumento nell’interesse verso la questione politica. Naturalmente quest’aspetto va anche provocato, ma la lettura dell’Inferno alla luce dei pregiudizi di partito o dell’intolleranza ideologica si rivela un’opportunità sorprendentemente buona per colmare il divario tra il nostro tempo e la Firenze di inizio XIV secolo.

3. Principalmente come sintomo del degrado della cultura contemporanea. Non ho trovato informazioni, ma non escludo che dopo la “cancellazione” di Beethoven e Mozart anche Dante possa essere vittima della follia pseudo-liberale lanciata dai brand Black lives matter oppure LGBTQ.

4. Sì, è stato sconvolgente in senso intellettuale e al tempo stesso molto intimo quando mi sono accorta che il sommo poeta, il visionario che ha costruito un ponte tra le epoche e i tempi, che ha osato appropriarsi della Divina provvidenza attribuendole non solo le proprie idee di bene e male, armonia e giustizia, ma anche simpatie e antipatie politiche, questo stesso superuomo era umanamente debole e vulnerabile, poiché non solo è stato costretto dalle circostanze della vita a scendere a compromessi in ambito politico, religioso e morale, ma ha anche permesso a questi compromessi di penetrare nelle sue opere, celati dietro le idee implicitamente lanciate in essi – apparentemente audaci e innovative, ma in realtà opportunistiche e non prive di tornaconto personale.

Ognjan Kovačev, professore associato di Letteratura antica e letteratura dell’Europa occidentale presso l’Università di Sofia:

1. La mia breve risposta, vista la comparabilità contenuta nella domanda, è: in modi diversi. L’insegnamento oggigiorno può essere concepito allo stesso modo di ieri? Ed è in realtà lo stesso? Poi bisogna dividerlo in maniera sincronica: nell’aula di liceo e negli spazi accademici. E fa differenza anche studiarlo in originale o in traduzione, rispettivamente se il corso universitario è nel programma di storia della letteratura italiana o comparata, sotto la cui egida rientrano i corsi di Letteratura dell’Europa occidentale. Tenendo conto di queste suddivisioni (probabilmente ce ne sono anche altre possibili), il mio lavoro con Dante Alighieri “oggi” copre già quasi tre decenni, tra corsi seminariali e conferenze. Il confine tra filologico e accademico ieri e oggi nel nostro Paese è stato stabilito all’inizio degli anni Novanta. Tuttavia è molto meno temporale e per lo più metodologico, ma anche ideologico e specificamente politico. Di seguito una risposta più articolata.

2. Nelle pubblicazioni bulgare sul Poeta fino al 1989, la regola inclusa e non scritta è citare un riassunto storico, il finale manipolatore della prefazione di Friedrich Engels all’edizione italiana del 1893 del Manifesto comunista – la bibbia dell’ideologia allora dominante: “La fine del medioevo feudale e l’inizio dell’era capitalistica contemporanea hanno il volto di una figura grandiosa: l’italiano Dante – l’ultimo poeta del medioevo e al tempo stesso il primo della nuova era” (secondo l’ortografia dell’edizione). In sostanza la definizione di Dante in quanto erede di una tradizione e capostipite di una nuova, derivante da quella antica, è insindacabile. Ma tale ipocrisia non è il tratto tipico di ogni poeta importante (secondo Harold Bloom)? Solo che il pathos dell’ideologo tedesco non è poetico, ma politico. E svolge la propria opera di propaganda e agitazione concludendo con una domanda allegorica: “Ci darà l’Italia un nuovo Dante che possa annunciare la nascita della nuova era proletaria?”. Questa domanda fu prudentemente omessa dai critici letterari e dai libri di testo dell’epoca, tra i quali ci sono cari e indimenticabili maestri e colleghi per me. E così il lupo (del dogma ideologico) era sazio, mentre l’agnello (della coscienza professionale) rimaneva intero. La concezione secondo cui le opere maggiori di Alighieri contengono caratteristiche di due epoche è del tutto giustificata. Ma per quale motivo doveva essere giustificato solo dalla frase del messia proletario, che è stata accuratamente trascritta, copiata, fino a quando non si è giunti al nuovo discorso attuale? Quasi nessuno sospetterebbe l’esercito letterario del tempo di non conoscere ricerche storiche e teoriche sull’argomento più rilevanti e approfondite del Manifesto. No! La ragione è che all’inizio della scienza socialista, non solo nella sua parte umanistica, non c’era né la Parola né la Verità, bensì il dogma delle ripetute infinite citazioni della “santa trinità” ideologica: Marx, Engels, Lenin.

3. Un esempio dell’ambiguità metodologica in questione è dato da un rapido confronto tra il manuale di letteratura della prima media del 1981 e l’edizione rivista del 1989. Segnano l’inizio e la fine di un decennio ricco di vicissitudini ed eventi drammatici per il nostro Paese, che ha dato impulso al passaggio da un’epoca all’altra – dal potere totalitario a quello democratico. Si può dire che nella nostra storia recente è un analogo modesto, a livello strutturale, del tempo in cui è vissuto Dante. La revisione si rende necessaria a causa del riordino del programma letterario, ma l’articolo su Dante Alighieri e la Divina Commedia rimane pressoché invariato. E il diavolo è nei dettagli di questa differenza “mancata” tra le due versioni. Nella citazione di Engels di cui sopra è orgogliosamente portata in primo piano come motto, e in una nota a piè di pagina c’è una descrizione bibliografica della fonte, cosa insolita per questo genere didattico. Ritengo che un simile gesto retorico miri non tanto a dare agli studenti una chiave di lettura dell’opera dantesca e del suo significato nel processo letterario, ma a mettere in luce l’uso da parte dell’autore della formula legittimante di Engels. Nella versione successiva il motto sparisce e la citazione viene discretamente nascosta all’interno del testo, abbreviata nella formula “ultimo poeta… primo poeta…”. Formalmente la bandiera del marxismo si è abbassata grazie al crollo generalizzato delle basi e delle sovrastrutture socialiste. Ma questo non fa pendere significativamente l’ago della bilancia a favore dell’illuminazione filologica rispetto a quella ideologica del Poeta nel libro di testo più recente.

4. Come primi spunti della nuova lettura bulgara riguardante Alighieri vorrei segnalare le traduzioni di Dante e l’attraversamento della lettera di Philip Sollers e L’esoterismo di Dante di René Guénon, che finirono dentro alle riviste Literaturna Misăl (“Pensiero letterario”) e Literaturen vestnik (“Giornale letterario”) fin dall’inizio degli anni Novanta. Adattando gli strumenti strutturalisti, Sollers imposta una prospettiva filologica concettuale sulla percezione e conseguentemente sull’insegnamento della Divina Commedia. Questa è orientata alla nuova epoca – come, creando l’opera, il poeta sviluppa e imposta il nuovo linguaggio poetico in cui la scrive. Un’altra delle sue sottolineature metodologiche è la connessione intratestuale del poema con altre opere del Poeta quali La vita nuova, trattati e lettere che ne delineano la struttura metatestuale. In opposizione a Sollers, Guénon colloca il suo studio di Dante nel filone della tradizione – nel cattolicesimo ortodosso, misticismo ed esoterismo del Medioevo. Dopo una prima lettura, L’esoterismo di Dante mi sembrava radicalmente conservatore e contro-rinascimentale. A poco a poco mi sono reso conto che questo testo offre agli studenti una motivazione essenziale alla definizione di poema sacro che lo stesso Toscano dà al suo lavoro. E che è in sintonia con la lettura di Auerbach della Commedia in quanto sintesi delle idee elevate del Medioevo e dell’antico ideale dell’uomo come misura di tutte le cose. Così, dal bizzarro incontro di Guénon e Sollers insieme ad Auerbach è nata la mia trinità letteraria, alla quale negli anni ho aggiunto molti nomi. In questo modo è emersa l’idea di insegnare l’opera di Dante, in particolare la Commedia, non nella categoria dell’autore ma dell’opera. Perciò, invece di manipolatorie opposizioni retoriche come “ tempi vecchi – tempi nuovi“ e „ultimo poeta – primo poeta“, invece della dicotomia tra leggere la poesia in quanto „sacra“ o laica, dirigo l’interesse degli studenti verso la sua maestosa concordia discors („concordia discordante“) e l’amore che muove i due scopi della vita – nei limiti terreni e oltre.

Bojka Ilieva, professoressa associata presso l’Università sud-occidentale „Neofit Rilski“:

1. Con immaginazione. È indispensabile per affrontare la distanza temporale di sette secoli, immergersi nell’epoca e suscitare interesse negli studenti. Le sfide nell’insegnamento sono legate alla necessità di una prospettiva storica che fornisca la chiave necessaria alle categorie morali dell’epoca. Qui vengono in aiuto le moderne tecnologie audiovisive che permettono di vedere ricostruzioni della Signoria fiorentina del XIV secolo, di visionare opere d’arte nonché pregevoli trascrizioni e prime edizioni della Commedia. Dante è coerente con la potenza delle sue idee, provocando un atteggiamento e pensiero critico. La dinamica dei criteri del bene e del male nel corso dei secoli offre agli studenti un’occasione di interessante riflessione e rivalutazione.

2. Col passare degli anni Dante pare diventi sempre più difficile da capire, non tanto per la distanza del tempo, ma per il suo codice morale „arcaico“. Tra i suoi contemporanei fu oggetto di mitizzazione, gli furono attribuite qualità e abilità sovrumane. Boccaccio testimonia la convinzione esistente della veridicità del suo viaggio ultraterreno e del potere profetico delle sue parole. Se nel nostro Paese tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la denuncia del tradimento come il più grave dei peccati gravi suscitava entusiasmo e analogie storiche con la realtà locale, i lettori di oggi tendono a mettere in discussione la logica della gerarchia dantesca dei peccati. Nelle conversazioni sulla Commedia cedo alla tentazione di provocare gli studenti a definire una propria classifica delle trasgressioni esposte da Dante. Rimangono perplessi dalla dura condanna di debolezze umane apparentemente ordinarie, come l’ingordigia e la sregolatezza, e trovano spietata la severa sanzione dell’autore delle differenze sessuali e religiose.

Ogni generazione legge la Divina Commedia attraverso la propria ottica morale, e perciò le letture si moltiplicano inevitabilmente. D’altro canto resta invece immutato l’atteggiamento nei confronti del poema in quanto modello autorevole e fondamentale per lo sviluppo della cultura europea. O se devo riassumere le mie osservazioni, ogni nuova generazione percepisce il poema come un’opera sempre più arcaica, ma comunque di riguardo.

3. Negli ultimi anni la tendenza a escludere alcune opere per via di suggestioni xenofobe ha raggiunto dimensioni inaspettate. Nel 2012 il consulente per i diritti umani delle Nazioni Unite “Gherush 92”, guidato da Valentina Sereni, ha chiesto l’esclusione della Divina Commedia dai programmi scolastici a causa del suo contenuto antisemita, islamofobo, razzista e omofobo. Credo che la revisione del canone in base all’odierna scala dei valori morali privi gli studenti di una conoscenza oggettiva dell’evoluzione delle idee nelle diverse epoche culturali. D’altra parte, un tale atteggiamento ricettivo “riduce” i classici ai gusti percettivi di una o qualche generazione. Personalmente non sono una sostenitrice degli scontri radicali con le rappresentazioni “problematiche” contenute nei classici. Preferirei una lettura attenta e aggiornata, corredata da diversi punti di vista e da una corretta informazione sull’epoca prima dell’esclusione categorica. Il fatto che Dante si metta in una posizione civile non lo rende inferiore a Omero.

Il classico rinascimentale è presente nei libri di testo bulgari dal 1884, quando Ivan Vazov e Konstantin Veličkov stilarono la loro Antologia esclusiva. Nel tentativo di colmare le lacune culturali e di rendere gli studenti partecipi delle conquiste europee, i curricula scolastici post-liberazione mettono Dante in una posizione centrale. La rimozione dai programmi avvenuta due anni fa ha di fatto privato gli studenti della conoscenza di una delle opere con il potenziale culturale più influente della tradizione europea. Qui, tuttavia, voglio specificare che affinché lo studio della Divina Commedia a scuola abbia senso, deve essere adattato alle capacità degli studenti in base alla loro età, e corredato da informazioni accuratamente selezionate e accessibili sul contesto, il che implica un certo numero di ore per affrontare l’argomento. Lo studio del Rinascimento in terza media invece che alle superiori limita l’assimilazione di opere quali l’Amleto e il Don Chisciotte. Le capacità percettive dell’età scolare meno avanzata impediscono la piena comprensione degli strati ideologici più profondi in esse.

4. Di per sé il contatto con Dante è insolito ed emozionante, e ogni nuova lettura è accompagnata da ulteriori scoperte e riflessioni. Le mie esperienze personali legate a Dante sono numerose ed entusiasmanti – dal sentimento mistico nella sua casa natale a Firenze alla trepidazione nell’ottenere le prime edizioni bulgare di Inferno e Vita Nuova, fino agli incontri sorprendenti tramite svariate interpretazioni artistiche e lo sguardo di traduttori e critici bulgari.

Elitsa Dubarova, ricercatrice e assistente presso l’Università “Prof. Asen Zlatarov” di Burgas:

1. Dante è in un certo senso un autore epifanico. Insegnarlo è una grande sfida per i dantisti così come per noi insegnanti, che dobbiamo spiegarlo nel più ampio contesto dell’evoluzione storico-letteraria, in quello più ristretto del fenomeno protorinascimentale, nell’ancor più ristretto contesto biografico, e infine nella prospettiva delle interpretazioni ammissibili della Divina Commedia, che di per sé sono un complesso groviglio ermeneutico di canonicità medievale, simbolismo biblico e mitologico, innovazione ardita, commistioni esoteriche, e così via.

Dante è quasi impossibile da spiegare ma il suo insegnamento è un’occasione unica per presentare visivamente, attraverso la Commedia stessa, i fenomeni più significativi del Medioevo e del Rinascimento.  In effetti penso che Dante sia talmente grande e consapevole del suo essere visionario da presupporre ottime opportunità per l’istruzione contemporanea di ricorrere a tutti i metodi e gli strumenti moderni per insegnare la sua opera. Personalmente io faccio tesoro delle possibilità visive, specie delle incredibili illustrazioni di Gustave Doré. Interessante è anche la reazione degli studenti alla visione del primo lungometraggio italiano del 1911 tratto dall’Inferno di Dante – L’inferno, diretto da Francesco Bertolini. Onestamente l’insegnamento di Dante ha maggior successo per quanto concerne la prima cantica, l’Inferno, e in una certa misura anche il Purgatorio, cioè dove il comportamento mimetico dell’autore è determinato da una sorta di orrore nella “creazione” di esperienze infernali.

2. Sì, c’è una differenza e sostengo con audacia che la percezione di Dante oggi è favorita dalle opportunità offerte dal cinema, dai videogiochi (è stato durante l’insegnamento di Dante che ho appreso dell’esistenza del videogioco Dante’s Inferno), e da tutte le risorse online che danno accesso a materiali scientifici, divulgativi e visivi relativi a Dante Alighieri e al suo opus magnum. Di certo gli studenti di oggi percepiscono la Divina Commedia in modo più completo rispetto al tempo in cui dovevamo “realizzarla” e “raggiungerla” in maniera astratta.

Non credo che la lettura della Divina Commedia possa essere determinata da differenze generazionali. Piuttosto possiamo parlare di un arricchimento della lettura e delle possibili interpretazioni in base alle varie “peripezie” di Dante come una sorta di mitologia e della Commedia come un archetipo di genere e trama. L’arte contemporanea, compresa quella elettronica dei videogiochi, non offre una lettura diversa, ma si limita ad attingere a piene mani dalla smisurata fantasia e talento poetico del primo auctor e autore italiano.

3. Nei programmi scolastici gli autori dell’Europa occidentale vengono affrontati tra la fine della scuola media e l’inizio delle superiori. Non credo che gli alunni di quell’età riescano a comprendere appieno la Divina Commedia in tutto il suo codice mitologico, biblico e simbolico. In effetti l’approccio all’opera, se presente nei curricula, è completamente inquadrato nell’ottica dell’insegnamento dell’evoluzione storico-letteraria che va dal Medioevo al Rinascimento. Difficilmente si riesce a fare più di questo a scuola. Molto probabilmente, anche senza essere in programma, Dante viene citato nelle relative unità e non credo che serva molto altro, poiché alla luce di quanto sopra ritengo che la Divina Commedia meriti una presentazione approfondita che abbia come proprio “target” un pubblico specificamente orientato agli studi filologici. A quanto ne so, gli stessi insegnanti possono scegliere se includere autori aggiuntivi nell’insegnamento del materiale didattico obbligatorio. Posso solo augurare buona fortuna a coloro che osano insegnare la Divina Commedia agli studenti di terza media.

4. Effettivamente ogni volta che inizio il corso di Letteratura dell’Europa occidentale è legata a Dante. Altrimenti mi capitano episodi simili, anche comici, con gli studenti. È stato proprio durante un seminario su Dante, all’inizio della mia carriera di insegnante, che per la prima volta mi sono sentita alquanto sciocca davanti ai miei ragazzi. Alla mia domanda abituale “Avete letto almeno l’Inferno di Dante?”, ho ricevuto una risposta affermativa. È iniziata una discussione sui momenti emozionanti dell’intreccio della prima cantica. E sono rimasta davvero stupita quando due o tre studenti hanno parlato con entusiasmo dell’amata Beatrice, degli ostacoli dell’eroe-Dante, delle sue incredibili imprese legate alla liberazione di lei da Lucifero. Una trama completamente diversa si stava sviluppando davanti a me – eroica e allo stesso tempo romantico-amorosa, e non ero sicura fino in fondo che la Divina Commedia edita da Narodna kultura fosse l’edizione giusta. J Ed è stato allora, infatti, che ho sentito per la prima volta del videogioco Dante’s Inferno e dell’epopea animata che lo accompagna.

Jordan Eftimov, professore associato presso la Nuova Università Bulgara (NBU)

1. Come viene insegnato Dante oggi?

Oggi, però dove? Gli alunni e gli studenti bulgari vivono in un periodo storico differente dai loro coetanei nel resto del globo, malgrado l’illusione di un mondo sempre più uniformato. Nemmeno la cultura pop li unisce in maniera totale e omogenizzante, nonostante questa sia la grande paura della nostra comunità culturale.

Ma per quanto riguarda l’insegnamento di Dante – ho provato a introdurlo attraverso i fondamenti cristiani quali i sette peccati capitali e i dieci comandamenti, per scoprire ogni volta che la gioventù bulgara di solito ne conosce giusto un paio e non ha mai visto film come Seven di David Fincher né Il nome della rosa di Jean-Jacques Annaud. Ho reclutato un celebre scrittore davvero delizioso come Jacques Le Goff, autore de La nascita del Purgatorio, che non è ancora apparso in bulgaro, ma anche dei volumi già tradotti La civiltà dell’occidente medievale e Il medioevo spiegato ai ragazzi.

Ho provato anche con i progetti illustrativi più attraenti. Da Sandro Botticelli passando per Gustave Doré e William Blake, fino a Salvador Dalí. Ad ogni modo i thriller polizieschi sono un costante aggiornamento di Blake, e Dalí continua a esistere in ogni possibile manifestazione della moda e della cultura pop. Quando vent’anni fa parallelamente al mio lavoro all’NBU insegnavo a contratto agli studenti di filologia bulgara dell’Università di Sofia, provai con Il cammino doloroso della Vergine Maria oppure con l’audacia dei padri fondatori della letteratura bulgara moderna, tra le cui prime e obbligatorie traduzioni c’è l’Inferno di Dante. Non posso dire di aver riscontrato ampio successo.

Riconosco che nel mio modo di insegnare ho approfittato di qualunque tipo di situazione. Ad esempio quando nel 2014 il Palazzo reale di Sofia ha ospitato la grande mostra di Auguste Rodin (stavano ristrutturando il Museo Rodin di Parigi e così i bulgari per la prima volta nella storia hanno avuto modo di vedere a casa propria le opere di questo classico francese), che includeva anche frammenti dell’enorme composizione La porta dell’inferno. Come potevo non portare i miei studenti a vedere il modo in cui il celebre scultore ha rappresentato il conte Ugolino? Classica tecnica per attirare l’attenzione, adatta anche agli alunni delle scuole primarie ma soprattutto a gruppi ristretti di studenti particolarmente calmi.

Oggi sfrutterei la nuova ondata patriottica per mostrare agli studenti le riproduzioni delle scene con i peccatori torturati all’Inferno così come sono state dipinte sui muri delle chiese dei monasteri di Rila e Trojan.

La verità tuttavia è che la Commedia può essere insegnata come se facesse riferimento alla Bulgaria contemporanea. Anche questo è un modo per ridarle lustro, seppure letture così anacronistiche trasformano un modello di classicità in pubblicistica. Però è impossibile non far notare agli studenti papa Niccolò III, che a causa della simonia è in una sorta di fossa con le gambe all’aria e la testa piantata nel fango (nel Medioevo c’era davvero una punizione del genere – uccidevano i criminali calandoli a testa in giù e poi gettavano terra nella fossa finché non asfissiavano). E la simonia è anche un’accusa contro i sacerdoti bulgari contemporanei – ad esempio il metropolita Nikolaj (nel 2008 sono apparsi articoli sulle limousine e jeep di lusso che il metropolita ha ricevuto in dono da uomini d’affari come Todor Batkov). Oppure quei fiorentini famosi che si resero colpevoli di furti pubblici e che nella settima bolgia subiscono le trasformazioni più grandiose, mutando da uomini in serpenti e da serpenti in uomini. Qui incontreremmo gente come Deljan Peevski. E i peccatori della nona bolgia – quelli che hanno provocato contese civili e religiose (vengono lacerati, e quando i tagli si rimarginano i demoni li feriscono nuovamente). Qui ancora starebbero bene molti politici e giornalisti – per esempio quelli del partito di Slavi Trifonov „C’è un popolo così“.

2. C’è differenza nel modo in cui gli studenti di oggi percepiscono la Divina Commedia? Possiamo parlare di letture generazionali?

Sicuramente c’è un cambiamento nell’orizzonte ricettivo di ogni generazione avvenire – non nei confronti di Dante, bensì dei realia culturali in generale. Ad esempio gli alunni e gli studenti di oggi non guardano la televisione. E cioè a malapena hanno visto la serie I Borgia di Neil Jordan. Nonostante presenti un quadro storico di quasi due secoli successivo all’epoca di Dante, le rappresentazioni di Savonarola e Machiavelli, del papa Alessandro e di Lucrezia Borgia restituirebbero l’immagine delle aspre lotte politiche e degli scontri ideologici di un tempo che ora ci sembra così piatto.

Dobbiamo però tenere in conto che mentre Savonarola e Machiavelli venivano usati come nomi comuni negli articoli di Ivan Vazov e Dimitar Blagoev, oggi i politici bulgari non conoscono affatto queste figure, le quali sono assenti dai loro discorsi.

Esistono tuttavia differenze ancora più evidenti tra le generazioni. Un esempio riguarda la morte per fame. Gli alunni e studenti di oggi conoscono fenomeni come l’anoressia e la bulimia, mentre di Auschwitz hanno un’idea nebulosa. Come possono entrare in empatia con la sofferenza di Ugolino e dei suoi figli?

3. Come giudica l’esclusione di Dante dai programmi scolastici?

Al momento Dante non viene affrontato. Nel programma di terza media, in vigore dall’anno scolastico 2017/2018, il Medioevo viene rappresentato con la Bibbia, La lunga esistenza di san Cirillo, la Preghiera dell’alfabeto e Sulle lettere, mentre il Rinascimento con una novella del Decamerone, due capitoli del Don Chisciotte e due sonetti di Shakespeare. Non sto assolutamente scherzando.

E secondo il programma precedente Dante veniva presentato solo in preparazione a determinate scuole superiori. In effetti è da diverso tempo che per gli alunni delle scuole medie bulgare “Lasciate ogni speranza” e il nome di Beatrice non significano nulla.

Recentemente ho parlato con un collega dell’Università di Veliko Tarnovo, arrabbiato per l’esclusione dei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer.

Secondo me tralasciare opere classiche di tale livello non può portare a nient’altro che alla sbracata arroganza degli autori bulgari contemporanei. Perché se avessi letto Dante o Chaucer avresti la presunzione di sbandierare i tuoi versi caserecci credendo che la letteratura sia solo un’espressione di sentimenti? E se gli studenti avessero letto Dante o Chaucer non noterebbero le lacune nel pensiero e nel modo di parlare dei nostri politici?

4. Ha un’esperienza personale legata a Dante?

Più di una. Ogni europeo ne ha. La prima cosa che mi viene in mente è l’insistenza di Ani Ilkov. Nei primi anni del Literaturen Vestnik sulle sue pagine uscivano a puntate la Conversazione su Dante di Osip Mandel’stam e L’esoterismo di Dante di René Guénon. Non stupisce quindi che in uno degli esercizi di Nuova letteratura bulgara abbiamo discusso della lettera di Dante a Cangrande della Scala e dei quattro livelli di lettura. Ma abbiamo anche parlato de La conquista dell’America di Tsvetan Todorov nelle lezioni dedicate ad Aleko Konstantinov.

[1] https://www.youtube.com/watch?v=UUOZRRU_Dyg&ab_channel=ElectronicArtsFrance

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