ANITA ANGELOVA dialoga con VESELIN DIMOV – Direttore dello spazio culturale e artistico Toplotsentrala e ideatore della rassegna Il Mondo di Castellucci
Dal 29 settembre al 3 ottobre si sono tenuti diversi eventi legati all’opera di un’emblematica figura delle arti sceniche, Romeo Castellucci. Siamo in attesa della sua visita in Bulgaria il prossimo anno con lo spettacolo Bros. Perché ha scelto questa figura e quali sono state le principali motivazioni per l’allestimento della rassegna Il Mondo di Castellucci alla Toplotsentrala?
Veselin Dimov: Qui è il caso di tornare un po’ indietro e raccontare come ho scoperto Romeo Castellucci. L’ho scoperto tramite Heiner Goebbels, che avevo invitato nel 2017. Lui appartiene alla generazione tra Robert Wilson e Romeo Castellucci. Se consideriamo Robert Wilson e Pina Bausch in quanto iniziatori dell’avanguardia negli anni ‘60 e Romeo Castellucci e Jan Faber come gli eredi, allora Heiner Goebbels si trova da qualche parte a metà strada. Lui per primo mi ha mostrato un’opera di Castellucci, La sagra della primavera di Stravinskij. Realizzato senza ballerini, ma solo con macchine. Nell’opera viene sincronizzato il movimento di queste macchine che disperdono polvere in getti di varia ampiezza. La cosa curiosa è che questa polvere è composta da ossa di animali macinate. Questo mi aveva colpito molto e ha fatto sì che ricordassi il suo nome. Allora avevo letto che secondo lui è molto difficile per il movimento umano catturare le deviazioni di questa musica per quanto è espressiva. Ecco perché aveva deciso di rinunciare alla presenza umana e di scommettere sulla macchina. Romeo Castellucci è un ottimo esempio di come sia possibile avere un contesto teatrale e un forte effetto sullo spettatore anche senza presenza umana sul palco. In quel periodo m’intrigava capire se era possibile fare teatro senza attori, poiché secondo la definizione di Peter Brook teatro significa un interprete e uno spettatore. Proprio per questo Heiner Goebbels mi ha fatto vedere Castellucci. Da quella volta ho iniziato a seguire il lavoro di Castellucci e mi sono reso conto che è estremamente prolifico. Ha all’attivo circa 100 opere teatrali a soli 62 anni. In un’intervista con Georgi Tošev Castellucci ha affermato che per i prossimi 4-5 anni ha progetti molto chiari e impegnativi su quello che ha intenzione di fare, dopodiché vuole sorprendersi in modo radicale con qualcosa riguardante gli animali o il cinema.
Durante la pandemia di Covid sono riuscito a guardare molti estratti delle sue produzioni, che mi hanno davvero impressionato. Una volta entrato nel mondo di Castellucci ho iniziato a guardare anche i suoi spettacoli di lirica, che mi hanno profondamente affascinato. A dire il vero non sono un grande appassionato, ma gli allestimenti di Castellucci sembravano aprire davanti a me una nuova dimensione dell’opera lirica che non credevo fosse possibile. Compie il suo approccio verso quest’arte con una certa libertà, ad esempio incorporando musicalmente produzioni che non sono state scritte per spettacoli teatrali. La Passione secondo Matteo di Bach oppure il Requiem di Mozart, per citarne qualcuna.
In seguito la Toplotsentrala ha subito un’evoluzione e io ho iniziato a cercare grandi nomi di artisti intriganti che hanno già lasciato il segno. Sono quindi comparsi i nomi di Sasha Waltz, Jan Faber e Castellucci. Un mio amico mi ha messo in contatto con il manager di Castellucci e in questo modo ho contattato lui in persona. Gli abbiamo raccontato della Toplotsentrala e poi siamo arrivati al punto in cui mi hanno invitato alla prima di Bros a Bologna nel 2021. Questa è stata un’esperienza molto potente e sconvolgente per me. Si tratta di uno spettacolo pensato per poter essere portato in giro. Oltre alle macchine ci sono anche le persone. Lo spettacolo inizia con un uomo anziano, finisce con un bambino, e vi prendono parte 23 poliziotti. È importante dire che il bambino e i poliziotti vengono scelti nel paese in cui viene allestito lo stesso spettacolo. In pratica Castellucci viaggia con la sua troupe, l’uomo anziano e due macchine. Sul posto si lavora con un bambino e 23 uomini, e la maggior parte di loro devono essere attori non professionisti. Per prima cosa s’incontrano con Romeo Castellucci, poi firmano un contratto accettando determinate regole. Il giorno dopo c’è l’incontro con la sua troupe e il terzo giorno sono già sul palco. Lo spettacolo è davvero molto impressionante e mette in scena la filosofia di Castellucci del teatro totale e come questo dovrebbe influenzare tutti i centri contemporaneamente. Lo spettacolo presenta diverse visioni e immagini molto forti, alcune delle quali inquietanti. Questo perché sono associati al totalitarismo, alla nascita del fascismo, alle ideologie di destra. Lo stesso succede nella maniera in cui la macchina e l’uomo interagiscono. È collegato anche a personalità di culto come Beckett, e per certi versi assomiglia a un rituale segreto. Uno spettacolo estremamente stratificato e complesso, che ho visto due volte e la seconda mi ha colpito ancora di più. Tutto questo mi ha portato a pensare che sarebbe bene portare questo spettacolo in Bulgaria. Per ottenere la sua presenza di due giorni qui, in carne e ossa, mi ci sono voluti circa due anni.
Prima di Bros ho visto l’installazione Terzo Reich, la quale ha ugualmente avuto un forte impatto su di me. Poi è nata l’idea di far arrivare Castellucci in due fasi, dato che poche persone in Bulgaria conoscono la sua figura. La prima è stata conoscitiva, e cioè quello che è già successo tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. In quell’occasione abbiamo proiettato il film Teatron, un documentario che descrive il suo lavoro. Successivamente abbiamo proiettato la trilogia della Divina Commedia, una delle sue produzioni più grandi, realizzata nel 2008 per il festival di Avignone. La performance stessa è molto radicale e impattante.
Terminata la prima fase, adesso iniziamo a prepararci per la seconda, e cioè l’allestimento di Bros. Lo spettacolo andrà in scena due volte alla fine di maggio 2023. I giorni sono il 25 e 29 maggio, quando arriverà lo stesso Romeo Castellucci e si svolgeranno le prove che vi ho illustrato. Particolarmente caratteristico di Castellucci è il suo lavoro con il compositore Scott Gibbons, le cui sonorità sono una parte sostanziale sia di Terzo Reich che di Bros.
Perché è importante secondo lei la presenza di Romeo Castellucci nella realtà bulgara?
Veselin Dimov: Penso che la realtà teatrale bulgara abbia molte lacune nei confronti dei grandi artisti mondiali con i quali non abbiamo avuto contatti diretti. Per questo motivo ammiro il fatto che Robert Wilson abbia recitato qui al Teatro Nazionale, e ora Jernei Lorenci. La cosa importante è che lavorano con artisti bulgari. Credo che questo sia ancora più prezioso dell’ospitare una performance di un grande regista, che recita e se ne va. È molto più prezioso fare qualcosa insieme agli artisti bulgari, di modo che possano vedere e sperimentare un altro approccio teatrale. Ecco perché è bene mostrare un tipo di teatro più politico, più sociale, con un atteggiamento estremo e radicale. Un teatro che non si preoccupa se annoia o insulta lo spettatore. Questo è un qualcosa di cui il teatro bulgaro ha bisogno. Perciò qui alla Toplotsentrala abbiamo realizzato uno spettacolo con la coreografia di Sasha Waltz. Adesso stiamo progettando qualcosa di simile con Jan Faber e Romeo Castellucci. In questo modo gli artisti e il pubblico bulgaro si avvicinano a una maniera diversa di concepire il teatro. Tutto questo non può che arricchire il paesaggio qui, oltre che ispirare.
A parte lo spettacolo Bros a maggio del prossimo anno, Romeo Castellucci tornerà in Bulgaria per altri motivi?
Veselin Dimov: Lo spero tanto. A proposito, non solo Romeo Castellucci, ma tutta la sua famiglia è molto interessante. Anche l’ex moglie e la sorella sono artiste. Lavorano con la danza, con i bambini, con le arti visive. Potremmo continuare con qualcosa realizzato da sua sorella. Ad ogni modo da ogni cosa ne nasce un’altra. Noi abbiamo fatto il primo passo e abbiamo avuto un’ottima impressione dalla troupe di Castellucci che è stata qui. Georgi Tošev ha realizzato una bellissima intervista a Romeo Castellucci il giorno prima dell’inizio di questa rassegna, che abbiamo battezzato Il mondo di Castellucci. Ora siamo in attesa della fase successiva, e vedremo cosa ci aspetta dopo. La sua filosofia è davvero molto diversa. Lui, così come Heiner Goebbels, crede che ogni componente dello spettacolo teatrale sia ugualmente importante. Nel teatro classico il soggetto principale è l’attore, che è al centro e a cui tutto obbedisce, mentre per loro tutti gli altri elementi sono ugualmente importanti. Questo ricorda il sistema filosofico Zen, dove nulla viene definito più importante di altro. Tutto viene recepito nel suo insieme, in cui i singoli elementi sono assolutamente equivalenti e comunicano tra loro.
Come si è avvicinato alla selezione delle opere? Qual è stata l’idea principale che l’ha portato a proiettare esattamente Teatron, Divina Commedia e la videoinstallazione-performance Terzo Reich?
Veselin Dimov: La professoressa Kamelija Nikolova ha menzionato durante la conferenza dopo Teatron che quest’opera, la trilogia, è quella in cui Castellucci è più concentrato e dà il meglio di sé. La definirei davvero un’opera concettuale che sorprende molto e porta la percezione teatrale a un punto di pericolo in cui non sai cosa accadrà l’attimo dopo. Ogni momento hai la sensazione che stia succedendo qualcosa di pericoloso e non sai come continuerà. Il che è difficilissimo da creare sul palco. Richiede enorme coraggio, fiducia e persino una sorta di follia da parte del regista. Per entrare in territori pericolosi dove nulla è certo, non si sa cosa accadrà. Un regista può sempre salvarsi attraverso elementi familiari e calmare così l’ansia che ognuno di noi prova quando si trova in un territorio ignoto, pericoloso e in cui la morte può balzare fuori da qualunque angolo.
A maggio del prossimo anno dobbiamo aspettarci questo ignoto?
Veselin Dimov: Sì. Penso che l’impatto sarà molto forte, perché la sala principale della Toplotsentrala è molto più piccola di quelle in cui lo spettacolo Bros è stato allestito finora. Lo stesso vale per Terzo Reich, che c’è già stato. Quando ho visto Bros, lo spettacolo era stato allestito in un teatro classico, tipo d’opera, con molti palchetti. In qualche modo il palco è visto dall’alto, a una distanza di circa sei metri dalla prima fila. Penso che qui l’impatto sarà ancora più forte per via dell’intimità che si creerà nella nostra sala, la cui prima fila non dista più di un metro dal palco. E cioè qui sarà tutto molto più concentrato, e questa scatola nera che c’è da noi, la buona acustica del suono e il potente sistema audio che abbiamo rispetto alle dimensioni della sala penso creeranno un effetto molto forte. Questo aiuterà a capire la performance, che è senza parole. È un teatro d’immagini, d’interazione delle persone con gli oggetti tra loro. È semplicemente un viaggio attraverso il mondo visivo di Castellucci che, in modo analogo a Tarkovskij e David Lynch, ricrea un mondo in cui affondi, che acuisce i tuoi sensi e in cui non sai cosa accadrà, e ciò a volte fa molta paura. Sono davvero impaziente per l’allestimento di Bros qui. Penso che sarà un’esperienza indimenticabile.
Intervista di ANITA ANGELOVA