In Italia attualmente stanno crescendo fianco a fianco generazioni di bambini di origini e culture diverse. Ci sono tanti colori, sfumature, chiaroscuri. Ed è una cosa stupenda

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Numero 37_Ita/2022

Conversazione con Gergana Hristova (Milano)

 

Gergana Hristova

Cosa significa essere la direttrice di una scuola bulgara in Italia?

Per me, personalmente, è una grande responsabilità – morale e professionale.

Spesso siamo noi a svolgere il ruolo di mediatore tra bambini, genitori, insegnanti, società, e ciò, come sappiamo, spesso imputa al sistema educativo imperativi morali e nazional-culturali. Chi riesce a far fronte a questo ruolo di mediatore, a giudicare correttamente quando dire „sì“ e quando dire „no“, e anche a farlo nel modo corretto, motivando tale scelta, può essere efficace e utile alla causa.

Che tipo di bambini frequentano la scuola? In che modo i loro genitori motivano la loro scelta di mandarli a una scuola bulgara?

I nostri bambini sono meravigliosi e lavorare con loro in realtà è „la nostra ricompensa“. I nostri bambini sono curiosi, hanno una visione ampia e variopinta del mondo. „Aggrappati alle nostre spalle“ hanno una visione del mondo estesa e lo studiano, lo accettano e lo cambiano.

La motivazione è la parola chiave nella comunicazione con i genitori. Siamo in continuo contatto con i genitori per mantenere salda questa motivazione la quale, ovviamente, inizia in famiglia, ma si coltiva anche a scuola.

Ogni famiglia è diversa, dipende molto da quanto è forte il legame con la Bulgaria, da quanto è grande la stessa; i parenti in Bulgaria, i nonni sono senza dubbio un grande fаttore motivante. Ma anche semplicemente il modo in cui si parla della Bulgaria. Oppure con quanta enfasi si sottolinea al bambino l’importanza di conoscere le lingue e culture straniere.

Alcuni dei nostri alunni parlano perfettamente il bulgaro. Il fatto stesso che vincano premi per le loro traduzioni lo dimostra. Fino a 5-6 anni fa, la maggior parte dei bambini arrivava da noi con una buona padronanza della lingua. Da diversi anni, ormai, i bambini iscritti sempre più spesso hanno poca o perfino nessuna conoscenza della lingua bulgara. Abbiamo bambini figli di seconda generazione qui in Italia. In questi casi, naturalmente, è molto più difficile trasmettere la lingua.

Abbiamo molti bambini provenienti da famiglie miste, e anche in questi casi è estremamente difficile trasmettere la lingua in famiglia. Questo, si capisce, non ci demotiva in alcun modo, anzi. Cerchiamo un modo per essere d’aiuto a questi bambini il più possibile. Apprendiamo nuovi metodi d’insegnamento del bulgaro come lingua straniera, cerchiamo di essere più competenti per diventare più efficaci. È l’unico modo che abbiamo per affrontare questa realtà. Ammiro le famiglie che nonostante le enormi difficoltà che hanno nel trasmettere la lingua ai propri figli non si arrendono, e investono tempo, voglia, amore. E una manifestazione di ciò è anche il fatto che li portano da noi, a volte nell’unico giorno libero, a volte percorrendo centinaia di chilometri, a volte facendo sforzi incredibili per mantenere alta la motivazione in questi bambini.

Le capita di insegnare ricorrendo all’italiano?

Sì, nei primi anni limitiamo l’uso al minimo. Ma quando ad esempio spieghiamo le categorie grammaticali è estremamente importante tracciare un parallelo con la grammatica italiana. In questo modo i bambini capiscono ed elaborano meglio tali categorie. Non dimentichiamo che il bulgaro di solito è per questi bambini una seconda lingua, i quali hanno un’idea della struttura linguistica già plasmata dalla scuola italiana. Non c’è niente di meglio che sfruttarla.

Inoltre abbiamo classi per bambini che hanno una conoscenza più scarsa della lingua bulgara, dove applichiamo la metodologia del bulgaro come lingua straniera.

È più facile lavorare con bambini bilingue?

Sì, è più facile lavorare e comunicare. Si tratta di bambini che godono della possibilità di farsi un’idea del mondo da almeno due diverse angolazioni. Bambini coscienti che nella vita esiste più di un solo punto di vista. Per la mia generazione in particolare, questo non era possibile. E penso che abbiamo dovuto consumare un’enorme quantità di energia vitale per riadattarci, per capire che la verità a volte è più di una, per imparare il significato della parola „tolleranza“, eccetera.

Cosa amano leggere i suoi alunni?

La lettura è difficile per i bambini, e questo è un tema su cui lavoriamo molto. In ogni caso leggono letteratura moderna. Non se la cavano bene con le parole obsolete e i termini poetici. Con quelle parole il cui significato è per loro sconosciuto, perfino parole di un passato recente. Perciò leggono testi contemporanei, dal linguaggio chiaro e frasi brevi. Per spingerli a lavorare con testi più complessi, ci cimentiamo molto nella creazione e traduzione di poesie, partecipiamo a concorsi, organizziamo da anni un Festival di scrittura creativa.

Cosa l’ha spinta a intraprendere un lavoro del genere? È esagerato parlare di missione?

Sì, penso che possiamo parlare di missione, sì. La soddisfazione che dà lavorare con i bambini è davvero enorme. Ma nasce proprio dall’idea che ciò che facciamo ha un senso, un valore, un’importanza.

Cos’ha da dire su come i bulgari s’inseriscono in Italia?

L’Italia è un paese diviso in diverse zone culturali ed economiche. Ognuna di queste ha le proprie specificità. La città di Milano in particolare è nota per la laboriosità dei suoi abitanti, per l’idea di efficienza, ottimizzazione e avanzamento costante. In quest’ottica posso dire che i bulgari si adattano davvero molto bene. Ci sono avvocati, psicologi, musicisti, specialisti informatici, finanzieri estremamente apprezzati qui.

La mia impressione personale è che i bulgari siano molto compatibili, riusciamo ad adattarci a qualsiasi società, a qualsiasi ritmo.

Ritiene che ci siano punti in comune tra le due culture?

Sì, ci sono senza dubbio elementi affini tra le due culture. Un esempio sono i nostri kukeri e i Mamuthones in Sardegna. Ma anche oltre queste somiglianze culturali penso che ci sia una somiglianza nel carattere, nelle priorità, nel gusto.

È possibile insegnare il dialogo interculturale?

Sì, è necessario insegnare il dialogo interculturale. Se noi non lo capiamo, ce lo insegneranno i nostri figli. In Italia attualmente stanno crescendo fianco a fianco generazioni di bambini di origini e culture diverse. Ci sono tanti colori, sfumature, chiaroscuri. Ed è una cosa stupenda, i nostri figli un giorno non riusciranno neanche ad avvertire i problemi culturali e civili che stiamo cercando di affrontare al momento.

Cosa può fare lo Stato bulgaro per le Scuole bulgare?

Anche in questo caso userò di nuovo la magica parolina „motivazione“. In questo può aiutarci lo Stato. Tutte le istituzioni devono lavorare allo scopo di innalzare l’autorità dello Stato e, in particolare, della lingua e della cultura. Questo è anche il nostro dovere e la nostra priorità.

Quanti più successi otteniamo a riguardo, quanto più pesa questa autorità, tanto più aumenterà la motivazione delle famiglie e, di conseguenza, dei bambini.

E altrettanto più utile ed efficace sarà il nostro lavoro. E altrettanto più riuscita la nostra missione.

 

Intervista di Amelia Licheva

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